Cinema e Arti. Brera

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Cinema e Arti. Brera

- Cinema e Arti. Brera

mercoledì 11 maggio 2022

Giunge alla XI edizione, dall’11 al 13 maggio 2022, «Cinema e Arti Brera», a cura, per il 2022, di Valerio Ambiveri, Laura Lombardi e Elisabetta Longari.

La rassegna, che ritrova quest’anno l’esperienza fondamentale della visione in sala, al Cinema Anteo, si inserisce nel dibattito, imprescindibile, tra cinema e arti, nel quale l’urgenza di confronto e contaminazione tra ambiti culturali paralleli e, in qualche caso, complementari, giunge a esiti di notevole interesse, facendo emergere il proficuo e sempre intrigante scambio con il mondo del teatro, della letteratura, della fotografia, della musica e della danza.

A testimoniare la forza di queste interrelazioni che portano a un’amplificazione di senso, «Cinema e Arti» rinnova la collaborazione ormai pluriennale con Cro.me, Cronaca e Memoria dello Spettacolo che presenta in quest’ambito come di consueto una selezione dedicata alla danza, e, per il quinto anno col Cinema Anteo.

Il tema dell’XI edizione è infatti il colore. La scelta si è orientata su film nei quali il colore è protagonista o elemento importante della narrazione, spesso evocato dai titoli stessi di alcune pellicole, in un arco di tempo che va dagli anni Quaranta del XX secolo ai giorni nostri, con rari materiali d’archivio restaurati, film cult e altri sperimentali, per andare incontro a diversi interessi e curiosità e per mostrare quanto il ruolo del colore sia trasversale nella traduzione di significati.

 

Il colore è elemento centrale di film che vedono artisti confrontarsi con il mondo del visuale, dagli esperimenti di Luigi Veronesi (Italia, 1940 e 1981-85) che dipinge direttamente sulla pellicola a Dreams that money can buy (Usa, 1947) di Hans Richter composto da sei episodi firmati, oltre che da Richter stesso, da dadaisti e surrealisti quali Man Ray, Marcel Duchamp (con la musica di John Cage), Max Ernst, e Alexander Calder.

 

The bigger splash (Usa, 1974) è invece il titolo del film di Jack Hazan tratto da quello di uno dei più celebri dipinti di David Hochney, l’artista britannico qui raccontato dopo il suo trasferimento in America e la scoperta di nuovi scenari di luce e paesaggi che modificheranno la sua arte.

 

Altri ritratti notevoli sono quelli di Alessandro Mendini nel film realizzato da Francesca Molteni, che sarà nostra gradita ospite in sala, sul mondo fantastico del celebre architetto, designer e artista, Volevo essere Walt Disney (Italia, 2016), ma anche «Iris» di Albert Maysles (Usa, 2014), dal nome della fantastica Iris Apfel, colei che, oggi novantatreenne, ha disegnato gli arredi della Casa Bianca da Truman a Clinton.

 

Il colore del melograno è la versione del 2014 (visibile grazie al restauro, lodato anche da Martin Scorsese) della pellicola del regista armeno Sergej Iosifovič Paradžanov, censurata dal regime sovietico, che narra, con linguaggio pittorico, la vita del poeta troubadour armeno Sayat-Nova vissuto nel XVIII secolo.

La pellicola è stata restaurata da Cineteca di Bologna/L’Immagine Ritrovata e The Film Foundation’s World Cinema Project, in associazione con il National Cinema Centre of Armenia e Gosfilmofond of Russia. Il restauro è stato possibile grazie a Material World Charitable Foundation e The Film Foundation.

 

Rainbow di Alexander Vujovic (Albania, Montenegro 2020) è la scoperta della vocazione dell’arte da parte di un bambino in viaggio col padre; tanto l’artista quanto il regista di Rainbow saranno presenti in sala in una conversazione aperta alle domande del pubblico.

 

Non potevano infine mancare due film di registi notissimi, l’uno di ieri, l’altro di oggi che hanno sempre dimostrato grande sensibilità per il mondo dell’arte: Gigi di Vincent Minelli (Usa, 1954), uno dei più grandi coloristi al cinema di cui parleremo in sala con Daniela Turco che ha di recente scritto una monografia sul regista, e Human Voice di Pedro Almodovar (Spagna, 2020), interpretazione contemporanea con l’utilizzo di colori puri e selvaggi, dopo quella celeberrima di Anna Magnani, della Voix humaine di Jean Cocteau.

 

Il rapporto tra colore e musica è ben evidenziato dai corti di animazione sperimentale di Norman Mc Laren, nei quali i colori mutano in rapporto alla musica creando un mosaico ipnotico in linea con le esperienze di Optical art del XX secolo.

 

Un titolo la cui inclusione forse stupirà è un classico e poco visto film di Alain Resnais su Van Gogh (Francia, 1948) che testimonia di una scelta tanto bizzarra quanto efficace del regista: narrare la vicenda umana e poetica del pittore olandese esclusivamente attraverso un susseguirsi di inquadrature dei suoi quadri ripresi con una pellicola in bianco e nero, tecnica che, mentre esalta i notevoli valori plastici e tattili della sua pennellata, paradossalmente accende nella percezione e nella memoria dello spettatore i colori così energetici e peculiari di Van Gogh.

 

Un insieme di squilli cromatici serve a Derek Jarman per presentarci il mondo del filosofo che nel secolo scorso si è più occupato delle questioni legate al colore: Wittgenstein (GB 1993).

 

Wolfgang Laib. Without Time, Without Place, Without Body di Francesco Cacchiani, film dedicato al progetto espositivo realizzato dall’artista tedesco che ha dato vita a una delle mostre personali più estese degli ultimi anni a Firenze, occupando prestigiose istituzioni culturali della città. Il film, commissionato dal Museo Novecento e prodotto da MUS.E, è stato realizzato in occasione dell’omonima mostra, curata da Sergio Risaliti.

 

In collaborazione con Cro.Me – Cronaca e Memoria dello spettacolo

 

BLUE YELLOW

Una coreografia interpretata da Sylvie Guillem: passi, movimenti ed esitazioni misurati secondo lo stile minimalista che è una delle peculiarità del linguaggio di Burrows. Il regista, cui è stata data la massima libertà di azione, decide di riprendere la ballerina attraverso una porta, facendola a volte uscire dall’angolo visivo della camera: «In una stanza qualcuno sta danzando – ha scritto Roberts -. Nella stanza entrano i raggi del sole. Una stanza inondata di luce. Che cosa si può vedere attraverso la porta che si apre in una parete blu, all’interno dello studio con le pareti gialle?».

 

 

 

QUAD I

Nel 1981 Samuel Beckett ha scritto espressamente per la Scuola di Danza di Stoccarda quella che lo stesso autore definì una “follia televisiva”: far muovere al ritmo di percussioni quattro danzatori lungo le linee di un invisibile quadrato sul pavimento. Ogni danzatore, completamente coperto da un mantello con il cappuccio, entra in scena, segue il suo percorso accompagnato dal suono della percussione che lo contraddistingue ed esce tornando nel buio ai margini della scena.

 

MXAKI

Un solo del 2015 basato sulla performance Accumulated Layout di Hiroaki Umeda, regia e concept Octavio Iturbe/ musiche S20.

Umeda, coreografo, ballerino e artista visivo giapponese, definisce i suoi lavori “al contempo minimali e radicali, delicati e violenti, molto vicini alle radici giapponesi”.

Il suo linguaggio fisico è potente, la trama dei movimenti si accompagna in modo originale ai suoni, alle luci e alle ombre che definiscono l’architettura dello spazio. "La luce e il movimento vanno di pari passo per comporre vari schemi di stimolazione", afferma Umeda.